Eremo di Calomini

in linea d'aria 4580 metri dalla grotta

Percorrendo la strada che conduce alla Grotta del Vento, circa 3 chilometri oltre Gallicano, alla base di un’imponente parete rocciosa, si vede biancheggiare un suggestivo santuario, caratterizzato da un’agile serie di archi sorretti da esili colonne in pietra serena.

L’origine di questo tempio si perde nella notte dei tempi. Per quanto si sa, pare che il primo luogo di culto sia stato una piccola cavità naturale ampliata a colpi di scalpello circa 1400 anni fa. È però difficile pensare che la bellezza del luogo, l’esposizione a mezzogiorno e la presenza di una sorgente fresca e copiosa, siano passate inosservate agli uomini preistorici prima, e ai Liguri ed agli Etruschi poi, specie se si considera che questi ultimi dedicarono al culto un’altra importante cavità avente caratteristiche analoghe: la Buca di Castelvenere, presso Cardoso (Gallicano), dove sono stati trovati oltre ottanta bronzetti votivi antropomorfi e numerosi altri reperti di notevole interesse archeologico. Se fosse possibile scavare sotto l’abside della chiesa settecentesca, probabilmente verrebbero alla luce preziose testimonianze di quel remoto passato, ma la cosa è ovviamente improponibile perché comporterebbe, tra l’altro, la parziale distruzione di un vero e proprio gioiello dell’arte barocca: la chiesa principale.

Benché questa chiesa si sviluppi per due terzi all’interno di una cavità naturale, nel suo interno non è possibile vedere in alcun punto la roccia viva, in quanto la sua presenza è stata completamente mascherata dagli ornamenti artistici e dagli elementi architettonici. La luce naturale proviene dalle finestre che fiancheggiano la porta e da una piccola cupola che sovrasta la volta dell’unica navata. Sia la cupola che il campanile dal tetto aguzzo sono protetti dallo strapiombo della parete rocciosa sovrastante.

La roccia ed i segni lasciati dagli scalpelli in seguito agli ampliamenti succedutisi nel corso dei secoli costituiscono invece la principale caratteristica della sacrestia, di numerose celle dell’antica cucina e della cosiddetta “chiesa antica”, che situata a pochi metri di distanza, in realtà è stata realizzata in un’epoca successiva rispetto alla chiesa principale.

Si accede alla “chiesa antica” mediante una porta situata nel rustico edificio della foresteria, anch’esso in gran parte scavato nella roccia alla base della grande parete calcarea che sovrasta l’intero complesso architettonico.

Completa la suggestione del luogo una copiosa sorgente.

L’Eremo di Calomini, raggiungibile in auto in pochi minuti dalla strada che conduce alla Grotta del Vento, è una delle principali attrattive della Garfagnana, una delle poche ad essere, come la Grotta del Vento, il duomo di Barga e la fortezza delle Verrucole, accessibile a tutti, anche alle persone che non sono dotate da particolari requisiti fisici.

 

  •  Il complesso è aperto tutti i giorni dalle ore 8 alle ore 20. Si consiglia la visita guidata, che nella bella stagione si effettua ogni giorno alle ore 9,30, alle 11,30 ed alle 15.
  • La Santa Messa viene celebrata alle ore 11.

La suggestione del luogo e l’atmosfera mistica non sono solo una semplice attrazione turistica, ma anche un modo per rapportarsi con la bellezza e la perfezione del Creato, capace di avvincere anche le persone più refrattarie al richiamo della religione cristiana.

 

Fornovolasco

m. 480 s.l.m - 620 metri in linea d'aria dalla grotta

Pittoresco paesino situato in fondo ad una stretta vallata alla confluenza di tre torrenti. In linea d’aria dista 600 metri dalla Grotta del Vento (Km. 2,5 di strada carrozzabile, poco più di un chilometro di sentiero pedonale). Ognuno dei tre torrenti ha origine da grosse sorgenti carsiche (Battiferro, Chiesaccia e Buca del Tinello), punti di affioramento di acque provenienti da bacini sotterranei in gran parte sconosciuti. Il paese è caratterizzato da sobrie abitazioni in pietra che si affacciano sui torrenti e sugli stretti vicoli, molti dei quali si sviluppano, coperti, sotto le case, forse per facilitare gli spostamenti quando, in un passato abbastanza recente, le nevicate erano molto abbondanti, superando talvolta il metro di spessore. Numerosi gli archi in pietra (calcare cavernoso, localmente detto “caproniccio”) una roccia porosa ma molto resistente, facilmente modellabile a colpi di scalpello.

La particolare posizione del paese, circondato come è da versanti molto ripidi che rendono difficoltosa qualsiasi attività agricola, è dovuta alla presenza dei copiosi torrenti in grado di fornire l’energia necessaria per il funzionamento di almeno tre ferriere, nelle quali si lavorava il metallo proveniente dalle miniere di Trimpello, situate nei pressi della Grotta del Vento. L’attività estrattiva fu particolarmente intensa nel periodo rinascimentale.

Nella chiesa si può ammirare un ciclo di affreschi che rappresentano diversi momenti di una terribile alluvione che danneggiò gravemente il paese il 19 giugno 1996, quando a cavallo della cresta che separa la Versilia dalla Garfagnana in sole quattro ore caddero 400 mm. di pioggia.

Un’ora è in genere sufficiente per una rapida visita del paese.

Monte Croce

m. 1314 s.l.m. - 3060 metri in linea d'aria dalla grotta

Dalla Grotta del Vento si sale in auto fino a San Pellegrinetto. Si prosegue a piedi verso S oltrepassando una baracca metallica e proseguendo lungo una mulattiera che, dopo 500 metri, raggiunge una pista trattorabile. La si segue per una settantina di metri, poi si imbocca sulla destra un sentiero che costeggia in direzione OSO sul versante N un’ampia cresta boscosa, prima in salita, quindi per un breve tratto in discesa, fino alla Foce del Termine (m. 1119), segnata da un antico cippo di confine tra il Ducato di Modena e il Granducato di Toscana. Si prosegue nella stessa direzione fino al valico prativo (m. 1161, un’ora a piedi dall’auto) situato alla base del M. Croce dal quale, percorrendo un ampio spallone erboso (cresta E) si raggiunge facilmente la vetta in una ventina di minuti.

Dal valico alla vetta il paesaggio è splendido: il prato che copre la cuspide del monte, uno dei pascoli più estesi delle Apuane, durante la primavera si imbianca di profumatissime giunchiglie e lungo la linea che delimita dei circoli di erba più scura (cerchi delle streghe) può capitare di trovare folte colonie di Tricoloma Georgii, un prelibato fungo primaverile che pochi conoscono. Nel grandioso panorama, che nelle giornate più limpide comprende le montagne della Corsica, il Tirreno, la costa versiliese e l’appennino Tosco-Emiliano, spicca verso N la mole imponente del vicino massiccio delle Panie, con il suo elegante profilo e i vertiginosi precipizi che dall’azzurro del cielo sprofondano le loro radici nel verde cupo della vallata. Il silenzio di questo luogo incantato è rotto solo dal sommesso scampanio delle pecore, ovunque numerose.

Chi vuole arricchire l’escursione con una suggestiva variante di interesse morfologico, anziché tornare indietro, dalla vetta può scendere la cresta S incontrando un sentiero. Bisogna seguirlo in direzione O fino a scorgere in alto, sulla destra, un gruppo di faggi isolati che precede un grande dosso erboso e pianeggiante situato immediatamente ad O della piramide sommitale del M. Croce. Saliti sul dosso, lo si percorre fino alle prime rocce che segnano l’inizio di una bella zona di assorbimento carsico cosparsa di innumerevoli voragini e doline dal contorno circolare. Le bianche rocce calcaree appaiono ovunque modellate dall’intensa azione erosiva esercitata dall’acqua. Il tutto è punteggiato da fiori bellissimi quali le peonie, le sassifraghe, i gigli di San Giovanni, le genziane, i rosei cuscini di silena acaulis e vari tipi di orchidee.

L’escursione al M. Croce è facile sino alla vetta ma richiede qualche attenzione se viene prolungata fino alla zona di assorbimento carsico. Si tenga inoltre presente che lungo il percorso non si incontrano sorgenti.

Monte Forato

m. 1221 s.l.m. - 2720 metri in linea d'aria dalla grotta

Si tratta di un rilievo singolarissimo, situato sulla spartiacque che divide la valle del Serchio dalla Riviera della Versilia, costituito da due vette, alte poco più di 1200 metri, collegate tra loro da un gigantesco arco di pietra calcarea alto quasi trenta metri e largo trentadue, attraverso il quale si ammira un bella veduta sulla valle del torrente Versilia e su un tratto di costa tirrenica. Lo spessore del ponte naturale è di otto metri anche se, data l’ampiezza dell’arco, vedendolo dal basso sembra molto più sottile. Splendido anche il panorama dalla vetta sud: l’arco visto dall’alto assume un aspetto insolito e particolarmente suggestivo. Poco più distante si può ammirare il profilo inconfondibile del massiccio delle Panie; sullo sfondo la vista spazia ad occidente fino al mare, ad oriente fino alle cime dell’Appennino Tosco-Emiliano. Si tratta di uno straordinario monumento naturale, unico nel suo genere, che si differenzia sia dai notissimi archi naturali in arenaria dell’ “Arches Natural Park” (Utah – U.S.A.), che sono situati in un ambiente quasi pianeggiante, sia dal “Ponte di Veja” (Monti Lessini – Verona), che è il relitto della volta di una vasta cavità carsica, oggi in gran parte crollata.

L’origine dell’arco del Monte Forato si spiega col progressivo assottigliamento di una cresta calcarea più spessa alla sommità che nella parte immediatamente sottostante. Quest’ultima, aggredita dall’azione erosiva delle intemperie, ha finito per sfondarsi isolando il ponte naturale.

Per raggiungere il Monte Forato conviene lasciare l’auto presso il secondo ponte (“ponte giallo”) che si incontra lungo la strada che dalla Grotta del Vento conduce a Fornovolasco, e imboccare il sentiero n° 6 e percorrerlo fino alla Foce di Petrosciana (m. 960 s.l.m. circa 90 minuti di cammino), suggestivo valico dal quale si può ammirare il massiccio torrione del m. Procinto. Si prosegue quindi lungo la cresta in direzione N, fino a giungere in vista di una “via ferrata” adatta solo agli esperti; qui si lascia la cresta e si prosegue sulla destra per tracce di sentiero in saliscendi (più sali che scendi), fino a giungere improvvisamente in vista dell’arco: una veduta suggestiva e indimenticabile sia per la maestosità dell’insigne monumento naturale, sia per l’assoluta perfezione delle sue forme.

Gli amanti del brivido possono lasciarsi andare nel vuoto con un’ardita altalena, ancorata sotto il ponte naturale, dondolando verso il mare a un’altezza massima di quasi trenta metri. Ciò è possibile solo in alcuni giorni dell’anno telefonando alla guida ambientale Valentina Lucchesi (tel. 3402946579).

Al ritorno conviene percorrere il sentiero N°12, scendendo in breve fino alla “Casa del Monte Forato”, recentemente restaurata, che in un prossimo futuro dovrebbe essere trasformata in rifugio alpino. Continuando a lungo il sentiero n° 12, dopo una lunga discesa ci si immette di muovo sul sentiero n°6, già percorso all’andata. Ancora dieci minuti e si raggiunge il “ponte giallo”, punto di partenza di questa escursione. In tutto, tra andata e ritorno, ci vogliono almeno quattro ore.

Suggestivo il fenomeno del “doppio tramonto” che si può ammirare due volte all’anno da varie località del versante garfagnino purché siano in vista dell’arco, come Barga, Fornovolasco, Trassilico, San Pellegrinetto, ecc. Prima di scomparire sotto l’orizzonte il sole, nascosto per alcuni attimi dallo spessore del ponte naturale, riappare attraverso l’arco per una manciata di secondi proiettando sulla valle un potente raggio di luce.

Trassilico

m. 720 s.l.m. - 3750 metri in linea d'aria dalla grotta

Tra i paesi che circondano il massiccio delle Panie uno dei più caratteristici è Trassilico, arroccato lungo un lungo crinale roccioso che domina la valle della Turrite. Nel punto più elevato sono stati recentemente restaurati i ruderi di una rocca medievale dalla quale si gode un vastissimo panorama che spazia dal crinale che separa la Garfagnana dalla Versilia, alla Media Valle del Serchio ed all’Appennino Tosco Emiliano. La chiesa parrocchiale di San Pietro, risalente al 1100, costituita da un’unica navata in stile romanico, si trova, fatto insolito, nel punto più basso del paese, defilata dalla linea di cresta. Capoluogo di comune fino al 1947, quando gli abitanti erano alcune centinaia, oggi è frazione di Gallicano, e la popolazione si è ridotta ad alcune decine di persone.
Chi percorre la strada centrale, che nel tratto situato a sud della rocca si sviluppa esattamente sul filo del crinale, può avere l’impressione che le dimensioni di questo centro abitato siano notevolmente superiori a quelle effettive. In realtà il paese, che si sviluppa in lunghezza per 450 metri, ha una larghezza massima di appena 60: mediamente due file di case o poco più.

Durante la dominazione degli Estensi, Trassilico ha dato i natali a due illustri scienziati: Antonio Vallisneri (1661 – 1730) e Leopoldo Nobili (1784 – 1835).

Il Vallisneri, la cui famiglia era originaria di Scandiano (RE), esercitava la professione medica dedicandosi anche ad altre discipline scientifiche, quali l’entomologia, la botanica, la biologia, l’idrologia e la geologia. In campo speleologico è noto per i suoi studi sulle sorgenti. Dopo aver esplorato la parte iniziale della Tana che Urla, una grossa sorgente carsica situata a Fornovolasco, a circa 1300 metri dalla Grotta del Vento, nel 1714 pubblicò uno studio sulle correlazioni esistenti tra le precipitazioni ed il regime delle acque sotterranee.

Leopoldo Nobili, la cui famiglia era originaria di Vetto d’Enza (RE), era un fisico, la cui notorietà arrivò a superare i confini dell’Europa. Dopo aver svolto una brillante carriera militare nell’esercito napoleonico, che gli valse la Legion d’Onore, diresse a Brescia una fabbrica d’armi. Nel 1825 inventò il galvanometro astatico, essenziale per lo studio dell’elettromagnetismo, e numerosi altri strumenti di misura.

Miniere di Trimpello

m. 720 s.l.m. - 600 metri in linea d'aria dalla grotta

Dalla Grotta del Vento si risale per circa un chilometro la strada che porta a Vergemoli, fino a raggiungere un punto panoramico servito da un tavolo da picnic con panche, dal quale si gode una bella veduta sul vertiginoso versante meridionale del monte Pania Secca e sull’arco naturale del Monte Forato. Gli imbocchi della miniera, che si sviluppa nella montagna per quasi un chilometro e mezzo, sono in parte lungo la strada, fino a circa 400 metri oltre il punto panoramico, in parte più in basso, celati da una folta vegetazione. Si sconsiglia vivamente di entrare nelle miniere a causa dei crolli che negli ultimi anni stanno divenendo sempre più frequenti per il progressivo deterioramento delle opere di sostegno.

L’estrazione del ferro, sotto forma di pirite, magnetite e limonite, iniziata in epoca medievale, ebbe il massimo impulso durante la dominazione del ducato di Modena: il metallo veniva impiegato principalmente per la fabbricazione di armi e palle di cannone. Nello stesso periodo veniva sfruttato anche un altro minerale: la melanterite, allora nota come “vetriolo”, molto impiegata in tintoria.

Tempo richiesto per questa escursione: max. un’ora se si va in auto.

Barga

Citiamo questa cittadina, anche se dista in linea d’aria più di dieci chilometri dalla Grotta del Vento (undici per l’esattezza), perché oltre ad essere il capoluogo del comune più popoloso della Valle del Serchio, riveste un particolare interesse sia sotto il profilo urbanistico ed architettonico e possiede un patrimonio artistico di grande valore. Numerose le strutture ricettive .

Questo centro abitato è diviso in due parti nettamente distinte: una moderna ed una antica. Quella moderna si estende su un lieve pendio ed ospita gli impianti sportivi, la maggior parte degli uffici e dei negozi, ed un gran numero di ville eleganti e signorili.

Quella antica è caratterizzata da pendenze più accentuate, e da un intrico di strette viuzze tipiche di un impianto urbanistico medievale. Numerosi i palazzi in stile rinascimentale.

Domina il tutto un magnifico duomo romanico, il cui primo nucleo risale all’anno 1000, caratterizzato da fiancate irregolari che corrispondono ad ampliamenti avvenuti in tempi diversi. L’interno, che ospita un pregevole pulpito del XIII secolo, opera dei maestri comacini è diviso in tre navate. In fondo a quella centrale campeggia una statua policroma in legno risalente al IX secolo, raffigurante San Cristoforo, patrono di Barga. In quella di destra si può ammirare numerose terrecotte invetriate attribuite ad Andrea della Robbia. Altre ceramiche robbiane decorano la chiesa di San Francesco, situata presso l’ospedale, fuori dalla cerchia delle antiche mura.

Numerose le manifestazioni folcloristiche e culturali che si tengono periodicamente a Barga. L’associazione Opera Barga organizza ogni anno un’importante stagione lirica i cui concerti si tengono nel Teatro dei Differenti, costruito nel ‘600 nel centro della città. Ha rinomanza internazionale anche il Festival Jazz. Interessante anche la festa del centro storico, che si svolge a metà luglio con stand gastronomici e spettacoli in piazza.

A poco più di quattro chilometri di distanza da Barga, a Castelvecchio Pascoli, è possibile visitare la casa-museo in cui visse dal 1895 al 1912 Giovanni Pascoli.