Dalla storia delle esplorazioni che si sono succedute alla Grotta di Bossea risulta che la prima spedizione fu effettuata nel 1850 da un intraprendente montanaro di nome Domenico Mora che, proprietario di alcuni terreni attigui, ampliò lo strettissimo cunicolo d’accesso percorrendo quindi i vasti ambienti che costituiscono la parte inferiore della grotta. Aiutato in questa impresa da un folto gruppo di valligiani, si arrestò di fronte al “Lago di Ernestina”, situato alla base di una potente cascata.
Ciò è quanto risulta da un’accurata ricerca che si è avvalsa soprattutto di notizie tramandate oralmente di generazione in generazione. Correva voce però che prima del Mora qualcuno fosse penetrato nella grotta molti anni prima, anche se di questa ipotetica esplorazione non esisteva alcuna prova, relazione o memoria attendibile.
La conferma è arrivata da una singolare scoperta avvenuta qualche settimana fa. In uno dei vani che ospitano la stazione scientifica il responsabile del centro di ricerca, dott. Guido Peano, ha rinvenuto casualmente una scritta vergata a lapis addirittura nel 1816, ben trentaquattro anni prima della spedizione di Domenico Mora.
Nella scritta si legge distintamente, in stampatello maiuscolo “MATEO VELIA 1816” e subito sotto, in corsivo minuscolo, “arena” (ma cosa c’entra questa parola con tutto il resto?). Più in basso viene riportata la data intera “27-7–16” e, accanto, in corsivo minuscolo, “secondo”. Ancora più giù appare, sempre in corsivo “anni 20 Luigi”ed alla base è ripetuto a grandi caratteri “VELIA”.
Pare che sia i nomi Secondo, Matteo e Luigi, come d’altronde il cognome Veglia (storpiato in Velia nella scritta), siano comuni sulle montagne monregalesi. Si ritiene pertanto che si tratti di gente del luogo. Ma come è possibile che delle persone semplici, vissute in un periodo in cui le leggende popolari vedevano nelle grotte il ricettacolo di orchi, mostri, draghi e streghe, abbiano trovato il coraggio di violare le tenebre di un luogo così inquietante?
Secondo il dott. Peano può darsi che i tre esploratori lavorassero in una delle numerose miniere d’argento, piombo e zinco che in quell’epoca venivano coltivate nei pressi di Bossea. Solo dei minatori potevano essere avvezzi all’oscurità e ai disagi dell’ambiente sotterraneo senza subire l’influenza delle superstizioni e delle credenze popolari.
Situata in provincia di Cuneo, nel comune di Frabosa Soprana, la Grotta di Bossea, il cui percorso turistico è stato inaugurato nel lontano 2 agosto 1874, è stata la prima grande cavità naturale italiana ad essere attrezzata per le visite. Caratterizzata da ambienti colossali, enormi concrezioni calcaree e da un grosso fiume sotterraneo è aperta al pubblico tutti i giorni dell’anno, tranne il 25 dicembre ed il primo di gennaio. Il percorso guidato ha la durata di un’ora.
Per informazioni www.grottadibossea.com