La grotta

Situata nel cuore del Parco delle Alpi Apuane, in una zona incontaminata di elevato valore paesaggistico e geomorfologico, La Grotta del Vento presenta diverse caratteristiche di unicità. Tra le grotte turistiche italiane è la più completa sotto il profilo morfologico ed evolutivo, in quanto i suoi itinerari permettono l’osservazione diretta di ogni aspetto del carsismo profondo come gallerie vadose fossili o saltuariamente attive, condotte freatiche soggette a temporanee sommersioni e ambienti definitivamente abbandonati dall’acqua nei quali è in atto un’intensa fase di concrezionamento, con formazioni calcaree di ogni genere, tutte vive, brillanti e ricche di colori.

È l’unica ad offrire la possibilità di scegliere tra tre diversi itinerari turistici sotterranei, uno dei quali (3° itinerario) è per durata il più lungo d’Italia.

E tra le poche ad essere aperta tutti i giorni dell’anno (eccetto il 25 Dicembre), consentendo al pubblico di fare una gita “all’aria aperta” anche quando all’esterno piove o nevica.

La possibilità di scelta tra vari itinerari di visita, la rende una meta ideale di escursioni per singoli, coppie, famiglie, gruppi scolastici o di adulti, raduni, ecc.

Origine del nome

Chi visita la grotta durante l’estate, quando viene aperta la porta blindata, resta stupito dalla forza del vento che proviene dalle viscere della montagna. Ma non c’è da preoccuparsi perché, non appena la guida richiude la porta, la corrente d’aria cessa di colpo, e con essa anche la sensazione del freddo.

La temperatura, nelle parti più interne, è per tutto l’anno di +10,7° C, valore corrispondente alla media annua esterna; gli imbocchi sono due: quello inferiore, attuale ingresso turistico, si apre a 642 metri sul livello del mare, quello superiore è situato ad oltre 1400 metri d’altezza, sul versante opposto della montagna.

Si ha quindi una colonna d’aria alta circa 800 metri, libera alle estremità, che durante l’estate è più fredda e pesante dell’aria esterna, quindi precipita verso il basso provocando all’imbocco inferiore un forte vento uscente, mentre da quello superiore viene aspirata aria relativamente calda la quale, percorrendo la grotta, si raffredda, rendendo continua la circolazione. D’inverno accade esattamente il contrario: l’aria interna, più calda di quella esterna, è più leggera, quindi sale, richiamando dalla bocca inferiore aria fredda che, all’interno della grotta, si riscalda, rendendo continua la circolazione verso l’alto.

La velocità del vento è direttamente proporzionale alla differenza di temperatura che intercorre tra l’interno e l’esterno; quando le due temperature si equivalgono cessa ogni corrente d’aria.

Il frigorifero dei minatori

L’imbocco turistico del complesso sotterraneo è situato sul fondo del Canalone di Trimpello, a breve distanza dall’abitato di Fornovolasco. Ancor più vicino si trova il minuscolo borgo di Trimpello, un piccolo gruppo di case che, durante il periodo della dominazione estense sulla Garfagnana, era abitato dai minatori che estraevano il ferro da un vicino giacimento di magnetite. Alla scelta di quel luogo, determinata soprattutto dalla presenza di una piccola sorgente, non è da escludere che abbia contribuito anche la vicinanza della grotta, allora conosciuta come il luogo nel quale l’estate, dalle fessure della roccia, spirava un forte vento gelido. I minatori, senza porsi domande sull’origine di quel vento, che veniva accettato come un “dono della divina provvidenza”, costruirono sopra delle fessure una capanna murata a secco dove riponevano al fresco le vivande più deperibili. Questa specie di frigorifero naturale era molto efficace poiché l’aria che spirava dal ventre della montagna, oltre che fredda era anche molto umida e fu usata per qualche secolo, fino ai primi anni del ‘900.

La scoperta della grotta

Fu solo nel 1898 che alcuni giovani di Fornovolasco, incuriositi dalla quella corrente d’aria, convinsero una bimba di 4 anni ad infilarsi nella fessura, troppo stretta per un adulto. La bimba percorse pochi metri, quanto bastò per far sapere ai suoi amici che sottoterra c’era buio e che la strettoia iniziale più avanti allargava. I ragazzi si munirono quindi di pale e picconi, ingrandirono la fessura iniziale a loro misura e avanzarono per una ventina di metri, fino all’ampio vano oggi denominato “Sala dell’Orso”. E lì si fermarono poiché, probabilmente influenzati dalle credenze che a quei tempi popolavano ancora le grotte di esseri mostruosi e demoniaci, decisero di tornare quanto prima alla luce del sole. Pochi passi soltanto, che però ebbero un peso determinante per il futuro economico ed occupazionale della Garfagnana.

Oggi infatti la Grotta del Vento, visitata mediamente da oltre 50.000 persone ogni anno, costituisce la principale attrazione turistica delle Alpi Apuane e dell’intera valle del Serchio.

 

 

Storia delle esplorazioni

La notizia dell’esistenza dell’oscuro buco soffiante non tardò a diffondersi, richiamando l’attenzione di alcuni naturalisti tra i quali il Quarina che nel 1909 si inoltrò nella grotta per alcune decine di metri, seguito tre anni più tardi da Brian e Mancini, che raggiunsero il sifone iniziale senza però superarlo.

Lo stesso risultato fu raggiunto nel 1929 dal Gruppo Speleologico Fiorentino del C.A.I., che si arrestò a 77 metri dall’ingresso, di fronte allo stesso sifone, nel quale la galleria si immergeva.

Ebbe maggior fortuna nel 1961 il Gruppo Speleologico Bolognese del C.A.I., quando entrò nella grotta durante una forte siccità che aveva sensibilmente abbassato il livello dell’acqua. In quell’occasione il sifone venne superato e furono esplorati 640 metri di gallerie.

L’esplorazione più importante, decisiva ai fini della valorizzazione turistica della Grotta del Vento, fu comunque quella effettuata nel settembre del 1964 dal Gruppo Speleologico Lucchese del C.A.I., che portò lo sviluppo di questa cavità a 1110 metri, realizzando il rilevamento topografico, uno studio geomorfologico preliminare e un’abbondante documentazione fotografica.

La valorizzazione turistica, che ebbe inizio nell’anno successivo mediante la realizzazione di comodi sentieri che eliminavano tutte le maggiori difficoltà, accorciò enormemente i tempi di percorrenza facilitando l’accesso alle zone più interne ancora da esplorare.

Nel 1968 il Gruppo Speleologico Garfagnana-Grotta del Vento iniziava un ciclo di studi che negli anni successivi avrebbe più che raddoppiato la parte conosciuta della grotta. Parteciparono attivamente a queste spedizioni anche altri gruppi speleologici tra i quali furono particolarmente attivi il Gruppo Speleologico Piemontese del C.A.I. – UGET, di Torino, ed il gruppo speleologico “troglolog” di Neuchetel (CH). Nel 1975 la sua estensione era di 2470 metri. Ai rami esplorati nel 1964, in gran parte attrezzati turisticamente, si erano aggiunte altre importanti vie nuove, quali la Diramazione dell’Intermedia e il Ramo dell’Infinito, oggi percorso dai sentieri del terzo “itinerario”. Le esplorazioni condotte negli anni successivi hanno portato lo sviluppo complessivo ad oltre quattro chilometri e mezzo. Al momento restano ancora da esplorare almeno una ventina di diramazioni, tutte però di difficile accesso.

È in corso da parte di numerosi gruppi speleologici un’accurata ricerca sul Massiccio delle Panie nel tentativo di trovare una comunicazione con la Grotta del Vento o con qualcosa di immensamente più grande (ipotizzato da molti,) del quale la parte nota della Grotta del Vento potrebbe non essere altro che un modesto affluente.

 

Storia della valorizzazione turistica

La spedizione lucchese del 1964 era diretta dallo speleologo Vittorio Verole-Bozzello, allora ventunenne che, nonostante la giovane età, aveva al suo attivo la fondazione del Gruppo Speleologico Lucchese del C.A.I., ufficializzata nel 1960, e l’esplorazione di oltre 400 grotte.

Fin dall’inizio della sua attività esplorativa, che cominciò nel 1957 quando aveva appena 14 anni, il suo sogno era quello di poter dedicare la vita al mondo sotterraneo, comunicando agli altri la propria passione per le grotte mediante la valorizzazione turistica di una grotta. Quello per la Grotta del Vento fu un amore a prima vista. Nonostante la sua distanza da ogni via di comunicazione e le enormi difficoltà tecniche che i lavori avrebbero comportato a causa dei numerosi pozzi e “salti verticali”, questa cavità possedeva tutti i requisiti che da anni stava cercando e che non aveva trovato neppure nelle 50 grotte italiane già attrezzate per le visite.

Il suo lungo viaggio attraverso le grotte turistiche, che fu esteso anche ad alcune grotte jugoslave, francesi e svizzere, aveva lo scopo di esaminate attentamente le varie soluzioni che di caso in caso erano state adottate, per far tesoro di quelle positive, scartando quelle che non corrispondevano agli standard che si era prefissato sia sotto il profilo tecnico che gestionale.

I lavori ebbero inizio nel 1965 con un grosso sbancamento che si rese necessario per realizzare una trincea in cemento armato in grado di raggiungere l’ingresso sepolto. Altre centinaia di metri cubi di detriti furono estratti dalla galleria iniziale per consentire ai visitatori di percorrerla in posizione eretta. L’ostacolo più grosso, il sifone, fu superato mediante una galleria artificiale, scavata nella viva roccia, lunga una trentina di metri.

Il ”primo itinerario” fu aperto al pubblico nel mese di giugno del 1967. Non esisteva ancora un impianto elettrico, e le visite si svolgevano alla luce di maleodoranti lampade portatili alimentate da gas propano.

Il “secondo itinerario”, dati i forti dislivelli e la necessità di realizzare in parete alcuni tratti di sentiero comportò difficoltà molto maggiori. Fu aperto al pubblico nel 1970. Nello stesso anno fu realizzato anche il primo impianto elettrico, inizialmente alimentato da un gruppo elettrogeno.

Nel 1973 fu realizzata la strada carrozzabile d’accesso. La spesa fu interamente sostenuta dall’Amministrazione della Grotta del Vento.

Nel 1974 ebbe inizio la costruzione dell’edificio che attualmente ospita la biglietterie, lo snack bar, la mostra dei minerali, gli uffici e l’abitazione di Vittorio Verole-Bozzello.

Nel 1979 iniziarono i lavori di allestimento del “terzo itinerario”, ostacolati dalla necessità di realizzare gran parte dei sentieri lungo le pareti strapiombanti di un pozzo di 90 metri. Dopo diverse interruzioni dovute alla presenza di una cascata che si attivava ogni qual volta all’esterno si verificavano precipitazioni particolarmente intense, questo vertiginoso percorso, unico in Italia nel suo genere, fu inaugurato nell’estate del 1982.

Nel 1998, con un imponente sbancamento, si è provveduto al definitivo disseppellimento dell’imbocco naturale della grotta, un elegante portale alto quattro metri. Venne così eliminata l’angusta e antiestetica trincea in cemento armato che, più che all’ingresso di un fiabesco mondo sotterraneo, ricordava lo squallore di un rifugio antiaereo.

 

 

Criteri di valorizzazione

Nel visitare una cinquantina di grotte turistiche Vittorio aveva notato che quasi tutte avevano in comune due caratteristiche: per lo più orizzontali, erano tutte molto ricche di stalattiti, stalagmiti e colate, generalmente morte, e le spiegazioni delle guide non erano altro che una monotona elencazione di forme da individuare nelle varie concrezioni calcaree: “vedete? Quella è la Torre di Pisa”… “e quella è la Madonna col bambino”, “il castello incantato”, “l’organo” e via dicendo. E le forme da individuare, spesso con difficoltà, erano sempre più o meno le stesse da una grotta all’altra. Rarissime, e spesso inesatte, le informazioni sugli aspetti scientifici degli ambienti sotterranei.

Data la straordinaria varietà di aspetti, la Grotta del Vento rappresentava quanto di meglio si potesse immaginare per presentare il carsismo profondo nella sua interezza e nella sua realtà. Non solo quindi, gallerie orizzontali piene di stalattiti, ma anche aspetti che in precedenza nessuno aveva preso in considerazione, come le forme di erosione, i condotti levigati da una circolazione di tipo freatico, la suggestione dei pozzi verticali, gli strati sedimentari intesi come capitoli di una storia lunga milioni di anni. Tutti elementi da spiegare nei dettagli, da correlare in maniera organica in modo da accendere la curiosità dei visitatori verso tutta una serie di argomenti scientifici che andavano ben oltre una sterile elencazione di forme.

Innovativa anche la concezione del sentiero: mentre nelle solite grotte orizzontali i camminamenti venivano spezzo realizzati spianando i pavimenti, nella Grotta del Vento i sentieri, tutti in cemento antiscivolo, hanno misure essenziali: nei tratti di scorrimento appena 60 centimetri, per ridurre al minimo l’impatto visivo. E non vengono in alcun modo camuffati, ma essendo essenziali per la fruibilità della grotta sono stati quasi ovunque realizzati in modo da distinguerli nettamente dalla naturale morfologia dell’ambiente che li circonda.

 

 

La società di gestione (Grotta del Vento S.R.L.)

La società di gestione è composta è composta da Vittorio Verole Bozzello (presidente), e dai figli Marco (direttore amministrativo) e Mario (direttore scientifico).

Vittorio Verole-Bozzello, nato a Reggio Emilia il 12 febbraio 1943, fin dalla più tenera età si sentì fortemente attratto da tutti gli ambienti sotterranei, sia naturali che artificiali. La sua attività speleologica ebbe inizio a 14 anni, sebbene in maniera informale. Nel 1960 fondò il Gruppo Speleologico Lucchese del C.A.I., del quale rimase presidente fino al 1965, quando dette inizio ai lavori di valorizzazione turistica della Grotta del Vento. Nello stesso anno fondò il Gruppo Speleologico Garfagnana-Grotta del Vento.

Ha scritto diverse pubblicazioni di carattere speleologico e turistico tra le quali le più corpose sono:

Le Grotte d’Italia, – guida al turismo sotterraneo” – ediz. Bonechi. Firenze 1970, 320 pagine, riccamente illustrate da foto e rilievi. Dopo un’esauriente parte introduttiva sulle grotte italiane in generale e sui fenomeni carsici ad esse correlati, presenta un’analisi dettagliata di tutte le grotte turistiche allora esistenti sul territorio nazionale.

Alla scoperta della Garfagnana” – ediz. Grotta del Vento, 2005, 240 pagine, una guida completa su tutto ciò che si può visitare nella valle del Serchio con una descrizione completa di ogni comune e di ogni frazione, e di tutte le maggiori attrattive, sia del versante apuano che di quello appenninico.

Nel 1994 ideò e fondò l’Associazione Grotte Turistiche Italiane (A.G.T.I.), che raggruppa la quasi totalità delle maggiori cavità naturali attrezzate per le visite. Lo scopo era quello di consentire un confronto tra tutte queste realtà per individuare le migliori soluzioni tecniche e gestionali, oltre che per intraprendere campagne promozionali collettive, adatte ad accrescere l’interesse del pubblico verso le grotte. Attualmente l’A.G.T.I., in collaborazione coi maggiori esperti della Società Speleologica Italiana, organizza speciali corsi itineranti per la preparazione delle guide di grotta.

Presidente onorario dell’A.G.T.I., Vittorio Verole-Bozzello è uno dei docenti nei corsi di perfezionamento per le guide.

Per il contributo che con la sua attività ha dato allo sviluppo turistico ed economico della valle del Serchio, nel 2017 è stato insignito del “Gonfalone d’Argento”, la massima onorificenza della Regione Toscana.

 

Marco Verole-Bozzello, nato a Barga nel 1972, anch’egli speleologo, da almeno 20 anni si occupa attivamente degli aspetti amministrativi dell’azienda, e dell’organizzazione dei gruppi. Si dedica inoltre con risultati eccellenti alla scenografia dell’impianto elettrico. Ottimo fotografo di grotta (è autore di quasi tutte le foto che appaiono sulle copertine delle pubblicazioni e dei poster riguardanti la Grotta del Vento) svolge un’importante attività un’attività collaterale: l’import-export di minerali e fossili da collezione provenienti da ogni parte del mondo. Questa attività comporta viaggi di lavoro presso numerose miniere di tutti i continenti. Oltre a fornire importanti collezionisti, negozi e musei, cura personalmente la vasta esposizione di minerali e fossili che tutti possono ammirare nell’edificio di accoglienza turistica della Grotta del Vento.

 

Mario Verole-Bozzello, nato a Barga nel 1970, laureato in ingegneria aerospaziale, svolge un’intensa attività speleologica. Ha rivestito la carica di onsigliere nella Società Speleologica Italiana, nell’A.G.T.I. (Associazione Grotte Turistiche Italiane) e nell’I.S.C.A. (International Show Caves Association), collabora attivamente con la commissione scientifica della Federazione Speleologica Toscana e coordina l’intensa attività di ricerca che si svolge alla Grotta del Vento. Esperto di informatica è anche un ottimo fotografo di grotta che ha operato in varie parti del mondo. Collabora inoltre attivamente col padre e col fratello nelle attività gestionali e promozionali dell’azienda.

La ricerca scientifica

Per l’interessamento dei membri della società di gestione e per la comodità di poter disporre di un impianto elettrico e di sentieri facilmente percorribili, la Grotta del Vento è divenuta un laboratorio permanente per lo studio di tutto ciò che riguarda il carsismo profondo. Nella sua conduzione collaborano attivamente anche le guide, tra le quali sono quasi sempre presenti speleologi, geologi e biologi. Non solo, ma a queste attività partecipano spesso nomi illustri del mondo accademico.

La ricerca scientifica in grotta ha un’importanza essenziale non solo per ciò che riguarda gli aspetti puramente esplorativi, ma anche, e forse ancora di più, per contribuire alla conoscenza di fenomeni che possono avere utili applicazioni nella vita di tutti i giorni.

Negli anni ’80, ad esempio, è stato condotto con pieno successo un esperimento medico che consisteva nel curare gravi forme di asma allergica mediante una prolungata permanenza in grotta. Nell’occasione venne effettuato dagli specialisti dell’Università di Pisa uno studio accurato su tutti i parametri del microclima sotterraneo.

La ricerca in campo geo-morfologico permette di facilitare la ricerca di nuove vie da esplorare e, nello stesso tempo può dare utili informazioni sul succedersi delle variazioni che il clima terrestre ha subito nei secoli e nei millenni. Altrettanto interessante è la comparazione tra l’andamento del global warming e i dati relativi all’idrologia ipogea correlati con i parametri di una stazione meteorologica che è stata installata presso l’ingresso della grotta.

Anche la colorazione dei corsi d’acqua sotterranei ha un’importanza fondamentale per una conoscenza sempre più approfondita sulla disponibilità e la tutela delle risorse idriche. Nel 2019 è stato accertato in questo modo che il fiume sotterraneo che scorre nel “secondo itinerario” rivede la luce alla Polla Gangheri, tra Vergemoli e Gallicano, con una portata che però è molte decine di volte superiore a quella registrabile in grotta. Da dove viene l’acqua in eccedenza? Un mistero in più da risolvere, ma anche la consapevolezza che, con ogni probabilità, la Grotta del Vento non è che la minima parte di qualcosa di immensamente più grande, ancora tutto da scoprire.

Ha destato un certo scalpore un esperimento condotto nel 2018 da un pool composto da varie imprese, tra le quali la Alenia Aerospace e la Società Acquedotti di Torino, con la collaborazione del C.N.R., quando all’interno della grotta è stata testata una complessa apparecchiatura sperimentale destinata al trattamento delle acque a bordo dell’I.S.S. l’enorme stazione spaziale internazionale che dal 1998 orbita intorno alla Terra.