Visto dai prati di Orto di Donna, la base più vicina per raggiungerne la vetta, il Pizzo d’Uccello (m. 1781) si presenta come un grosso panettone calcareo biancastro dalla cima arrotondata. Per chi invece lo osserva da lontano, scendendo dal Passo di Pradarena verso Aulla, appare come una montagna estremamente aguzza e molto più elevata di quanto non sia in realtà, fiancheggiata dai profili eleganti ed arditi del M. Pisanino, che pur essendo alto 1946 metri sembra più basso, e del M Sagro (m. 1748). La sua sagoma appare però scura e priva di dettagli, sia a causa della foschia data dalla distanza, sia perché essendo esposta a nord non è mai illuminata dal sole. Eppure proprio su quel versante si affaccia la parete più imponente delle Alpi Apuane, una verticale pressoché assoluta di ben 700 metri che costituisce il “gran finale” col quale si conclude verso settentrione la splendida catena montuosa resa famosa nel mondo dalla bellezza dei suoi marmi. Più ci si avvicina, più diventa difficile vedere il grande precipizio, quasi ovunque visibile solo nella sua porzione sommitale, essendo il resto nascosto o dalla strettezza della valle sottostante oppure dalla cortina impenetrabile dei lunghi crinali che lo fiancheggiano. Pare che il Pizzo d’Uccello sia geloso del suo tesoro, avaro nel concederne la visione a chi non conosce intimamente l’essenza delle sue gole e delle sue creste dentellate, spietato nei confronti di chi tenta di penetrarne i segreti senza adottare le necessarie precauzioni. I numerosi incidenti, spesso mortali, che si sono succeduti negli anni su questa montagna e sul vicino M. Pisanino, dimostrano che, nonostante l’altezza relativamente modesta, le maggiori vette delle Alpi Apuane non vanno mai prese alla leggera.
L’unico modo per poter ammirare dal basso l’intera parete senza dover camminare troppo è quello di raggiungere il paesino di Ugliancaldo, da dove inizia il lungo saliscendi di una stretta strada sterrata dal fondo sconnesso che conduce ad un gruppo di cave situate tra i faggi, quasi alla base della grande verticale. L’auto va però fermata qualche centinaio di metri prima delle cave, in corrispondenza di una sbarra, perché più avanti il transito è riservato ai camion che trasportano il marmo. La veduta della parete è bellissima.
Per i più preparati, e solo a condizione che non soffrano assolutamente di vertigini, esiste la possibilità proseguire oltre le cave, seguendo per circa mezz’ora il sentiero N° 190, che conduce alla base di uno spigolo roccioso molto affilato sul quale è stata attrezzata una “via ferrata” con tacche scavate nella roccia per poggiare i piedi ed un lungo cavo d’acciaio al quale è necessario assicurarsi durante la vertiginosa salita il cui dislivello è di circa 350 metri. Indispensabile un’attrezzatura da arrampicata costituita da robuste calzature con la suola in gomma, imbracatura, casco e due fettucce con moschettoni. Svolgendosi parallela alla parete a una distanza costante da essa di due o trecento metri, l’arrampicata ne permette una visione perfetta e allucinante, che si evolve progressivamente man mano che si prende quota. La ferrata termina sulla sottile Cresta di Capradossa, poco più a nord di un intaglio molto panoramico denominato Foce Siggioli (m. 1386), posto di fronte alla lunghissima Cresta Nattapiana, che fiancheggia la grande parete dall’altra parte della valle. Il tempo di percorrenza della ferrata è di circa un’ora e mezzo.
Un altro punto panoramico molto suggestivo è costituito dalla “quota 1590” ampio dosso calcareo e pianeggiante bruscamente interrotto dalla parete N del Pizzo d’Uccello alla base della parte sommitale della sua cresta est. Lo si può raggiungere in poco più di mezz’ora dalla Foce Siggioli, arrampicandosi lungo il crinale che fiancheggia la parete, ma occorre scegliere con cura i passaggi, non sempre facili da individuare.
Per chi non se la sente di percorrere la ferrata esiste un altro modo molto più semplice per arrivare alla Foce Siggioli: basta arrivare in auto fino ad Orto di Donna (comune di Minucciano – LU), dove lasciando l’auto nei pressi del vecchio rifugio Donegani (attualmente in disuso) si sale a piedi fino al primo tornante, subito dopo il quale ha inizio sulla destra il sentiero N°187 che, con un facile percorso a mezza costa, conduce al passo in poco più di un’ora. Questa soluzione permette a chiunque di poter ammirare senza difficoltà lo spettacolo eccezionale della parete, ma chi non ha dimestichezza con i percorsi più impervi non può poi proseguire verso la Q. 1590 o verso la vetta del Pizzo.
Per questi ultimi suggeriamo utilizzare il sentiero N° 37 che in circa un’ora e mezzo consente di arrivare alla sella erbosa detta Foce di Giovo (m. 1500 s.l.m.), dalla quale si gode una bella visione del versante meridionale del Pizzo d’Uccello. Qui si imbocca il sentiero 181 che, costeggiando sulla destra l’elegante rilievo roccioso detto Q. 1539, giunge in breve al “Giovetto”, piccola depressione del crinale che precede la cresta sud del Pizzo. Qui si abbandona la cresta e per tracce di sentiero a mezza costa tra i ghiaioni si sale dolcemente in circa venti minuti fino alla spalla rocciosa detta Q. 1590 che, affacciata direttamente sulla parete, ne permette una visione particolarmente impressionante.
Per completare l’escursione conviene tornare al Giovetto e, se non si soffre di vertigini, salire fino alla vetta del Pizzo d’Uccello seguendo i segni blu che indicano la via più facile da seguire lungo la cresta sud. Il percorso, molto articolato, si svolge su facili rocce e canalini pietrosi, nei quali è bene muoversi uno per volta e fare in modo che chi attende il suo turno stia al riparo da eventuali cadute di pietre. Giunti in vetta, la sensazione che si prova trovandosi alla sommità della grande parete è veramente emozionante: siccome ai settecento metri della parete si sommano altre centinaia di metri di pendio ripidissimo situate alla base, non visibili dall’alto, sembra di essere sospesi su un vuoto di oltre mille metri. Il panorama dalla cima più settentrionale delle Apuane è molto vasto, spaziando dal Golfo di La Spezia all’intera Lunigiana ed a tutta la parte più settentrionale della Garfagnana.
Per arrivare a Ugliancaldo da Massa si arriva fino ad Aulla con l’autostrada (Km. 32). Si imbocca quindi la S.S.N°63 del Cerreto seguendola per 12 chilometri fino a un bivio (Km. 44) dove si svolta a destra. Dopo aver fiancheggiato il paese di Gassano, giunti nei pressi di Gragnola (Km. 47,3) si devia sulla destra e, giunti al bivio per Monzone (Km. 51,5), si svolta a sinistra mediante una stretta strada asfaltata che, superati gli abitati di Mezzana e Casciana, giunge a Ugliancaldo (Km. 59,5). La strada che porta alle cave, lunga circa 4 chilometri, si incontra dopo aver attraversato tutto il paese.
Per arrivare a Orto di Donna da Ugliancaldo si prosegue con una strada in parte sterrata e in parte asfaltata in direzione di Minucciano (LU). Dopo Km. 4,3, quando ci si immette su un tornante della strada che da Gramolazzo porta a Minucciano, si svolta a destra, ed appena superata una galleria, si svolta di nuovo a destra e, sempre su strada asfaltata, si raggiunge dopo altri 4 chilometri la bellissima conca prativa di Orto di Donna, anticamente occupata da un ghiacciaio, attorniata dalle vette dei monti Pisanino (m. 1946), Pizzo Maggiore (m. 1794), Pizzo Altare (m. 1746), Cavallo (m. 1888), Contrario (m. 1790), Grondilice (m. 1805), Cresta Garnerone, e Pizzo d’Uccello (m. 1781).
La conca di Orto di Donna può essere raggiunta anche da Castelnuovo di Garfagnana, distante circa 36 chilometri, risalendo la valle del Serchio fino a Piazza al Serchio, quindi svoltando verso Gramolazzo e proseguendo fino all’imbocco della galleria, dove si svolta a sinistra, arrivando a destinazione dopo circa 4 chilometri.