La “Grotta Nuova” fu esplorata per la prima volta nel 1925 da Pietro Negro, un abitante di Villanova che, dopo aver percorso chilometri di gallerie, fondò un comitato paesano per la valorizzazione turistica di questa complessa cavità. I lavori, iniziati quasi subito e tuttora in corso, sono stati svolti in vari fasi. Nel 1970 l’unico ingresso, situato tra le case del paese, immetteva in un complesso di gallerie molto lineari dal soffitto piatto e dalle pareti costituite da un flysch composto da straterelli di arenaria intensamente fratturata e con abbondanti intercalazioni argillose. Il percorso, interessante solo per i pochi appassionati in grado di apprezzare certe singolarità, era rischiarato da una lampada a carburo portata dalla guida.
Nel 2006 il vecchio percorso veniva completamente abbandonato. Molto più in basso veniva scavata una lunga galleria in ripida scesa che conduceva ad un bivio: a sinistra venivano percorse alcune strette gallerie dall’andamento labirintico. A destra invece l’ambiente si ampliava sensibilmente, permettendo di raggiungere un’ampia galleria interamente scavata nel flysch avente come tetto la parte inferiore di uno strato calcareo perfettamente piatto e inclinato trasversalmente. Numerose le concrezioni, soprattutto stalattitiche. Sul fondo rumoreggiava un torrentello.
Attualmente il sentiero prosegue ben oltre; svoltando sulla destra segue lo stesso interstrato nel quale è impostata tutta la parte visibile della grotta, scendendo lungo la linea di massima pendenza del soffitto piatto. Le pareti sono sempre costituite da un flysch molto friabile. Man mano che si scende l’ambiente diviene sempre più maestoso e ricco, nel quale le concrezioni, seppure varie, belle ed abbondanti, svolgono un ruolo quasi secondario rispetto a peculiarità geo-morfologiche che non trovano riscontro in nessun’altra grotta turistica. Il piatto soffitto è quasi ovunque solcato da un “canale di volta” da manuale e qua è la si possono osservare interessanti lesioni della massa rocciosa quali le diaclasi e le faglie, alcune delle quali, tuttora attive, si sono mosse durante il terremoto che nel 1976 sconvolse gran parte del Friuli.
Fino al termine del tratto illuminato elettricamente sono stati scesi 570 scalini, per un dislivello di circa 120 metri. Il percorso, tra andata e ritorno, richiede in media un’ora e venti minuti.
Ma il sentiero continua, e con altri 200 scalini scende altri trenta metri di dislivello, raggiungendo un salone dal soffitto piatto e inclinato, largo e lungo una quarantina di metri, nel quale si può ammirare una varietà incredibile di concrezioni costituite principalmente da una selva di stalattiti, talvolta sottilissime, allineate lungo le fratture della roccia, e da slanciate stalagmiti che si ergono dal pavimento come candelabri traslucidi.
Non appena l’impianto elettrico sarà ultimato il nuovo tratto sarà aperto al pubblico e la visita avrà la durata di almeno due ore.
Con tali caratteristiche questa cavità entra di buon diritto nella top ten delle grotte turistiche italiane; peccato che, nonostante sia visitabile, almeno in parte, da tante decine di anni, non abbia ancora raggiunto il successo che meriterebbe. Ogni anno i visitatori sono appena diecimila.
È già pronta una grande galleria in salita che, attualmente attrezzata con 350 scalini, collega il salone terminale con l’esterno. Accanto alla scalinata un piano inclinato permetterà in futuro il transito di una piattaforma mobile che al termine della visita porterà i visitatori alla luce del sole.
I sentieri sono tutti in grigliato di acciaio zincato ed in plastica con trattamento antiscivolo. Le lampade a incandescenza o a basso consumo vengono progressivamente sostituite con luci a LED.