Non è turistica in senso stretto, poiché manca di veri e propri sentieri, non ha un impianto fisso di illuminazione elettrica, richiede l’uso di caschi protettivi e di calzature idonee, ma ciò nonostante riveste un grande interesse, in quanto, essendo una delle poche grotte visitabili nei gessi (invece che nei calcari), presentando una morfologia vadosa “da manuale”, ed ospitando alcune colonie di chirotteri ed una ricca fauna guanobia, costituisce un unicum che permette agli amanti della natura di compiere un’esperienza insolita, istruttiva e indimenticabile.
Scavata in tempi relativamente recenti da un piccolo corso d’acqua sotterraneo nei gessi messiniani, formatisi appena 5-6 milioni di anni fa, quando il Mediterraneo fu quasi completamente prosciugato dall’evaporazione a causa della chiusura dello stretto di Gibilterra, è un traforo idrogeologico completo, che potrebbe essere interamente percorribile dall’inghiottitoio alla risorgenza.
Ad eccezione dell’ampia sala che ospita l’abbondante fauna cavernicola, situata poco dopo l’inghiottitoio, è una lunga forra, alta e stretta, con ampi meandri e magnifiche forme d’erosione. Non mancano le colate concrezionali di calcite, anche di notevole estensione, che con intensa colorazione gialla rivestono in alcuni tratti le pareti, quasi ovunque costituite da un fitto intreccio di lucenti cristalli di gesso (varietà selenite) che riflettono la luce delle torce elettriche. Dove il soffitto è piatto si ha talvolta la sensazione di essere sotto un cielo stellato.
Il camminamento è costituito da una fila ininterrotta di mattonelle da giardino di cm. 40X40 poste a copertura di una fascia di cemento, alta qualche decimetro, che si sviluppa lungo la mezzeria del pavimento della forra. Nessuna ringhiera: ci si appoggia alle pareti, sempre molto vicine tra loro, ma non a sufficienza da impedire, in caso di distrazione, di mettere un piede in fallo. L’illuminazione è data da moderne lampade frontali a LED montati sui caschi che vengono forniti obbligatoriamente ai visitatori. Ovunque si notano importanti lavori di messa in sicurezza (mediante grossi puntelli e vistose legature con funi d’acciaio) delle masse instabili e degli enormi blocchi incastrati che in vari punti costituiscono il soffitto della galleria.
La scelta di una valorizzazione di tipo semituristico pone questa grotta in una posizione di tutto rilievo nella sua categoria. Data la sua conformazione un’illuminazione elettrica fissa non permetterebbe la piena valorizzazione dei particolari più interessanti e potrebbe distogliere la dovuta attenzione da dove mettere i piedi, a scapito della sicurezza. La realizzazione di un vero e proprio sentiero munito di ringhiere risulterebbe inoltre troppo invasiva.
Meglio una grotta semituristica d’eccellenza, come questa è allo stato attuale, di una grotta turistica che che finirebbe per deludere una clientela che per la massima parte arriva qui dopo aver visitato la vicina Grotta di Frasassi o altre cavità naturali meglio attrezzate e di maggiore spettacolarità.
Molto brave le guide, che forniscono valide informazioni sulla biologia e sulla zoologia dell’ampio parco esterno, oltre ad illustrare con passione e competenza ogni aspetto della grotta, sia sotto il profilo geologico e morfologico, sia sotto quello biologico.
In una piccola cavità situata a pochi metri dall’inghiottitoio si può osservare un piccolo gioiello di archeologia mineraria: un antico laboratorio nel quale il gesso cavato a breve distanza veniva cotto in speciali forni e triturato mediante una grossa macina. Poco più in alto, lungo una strada carrozzabile, un pozzo verticale comunicante con la grotta emette durante l’inverno una sensibile corrente d’aria calda.
All’esterno ampio parcheggio e, in due edifici distinti, un centro accoglienza con gift shop, una sala congressi, ed un museo molto curato con plastici, diorami ed ampi pannelli esplicativi. Tema principale: i pipistrelli. Un apparato esterno che molte grotte turistiche vorrebbero avere!