In questi giorni di calura opprimente chi esce dal fresco della gotta spesso desidererebbe rientrare immediatamente per sottrarsi all’afa ed all’arsura del mondo di superficie.
Per soddisfare il desiderio di tutti coloro che sono alla continua ricerca di aria fresca, possiamo consigliare un’interessantissima ed emozionante escursione a Campo Tizzoro (PT), un paesino che dista dalla Grotta del Vento circa un’ora e un quarto di automobile, che fino a pochi anni fa ospitava la S.M.I., la più importante fabbrica di munizioni da guerra d’Italia, nella quale hanno lavorato fino a settemila persone.
Ma cosa c’entrano le munizioni col fresco?
In epoca prebellica, in previsione dell’eventualità di un conflitto armato, sotto l’immenso stabilimento venne scavata una fitta rete di gallerie e di vani sotterranei dello sviluppo complessivo di 2800 metri. Lo scopo di questo imponente complesso difensivo era quello di proteggere i dipendenti e le loro famiglie dai bombardamenti aerei.
All’interno del rifugio, che mediamente si sviluppa venti metri sotto il livello del suolo, il microclima, molto simile a quello di una grotta naturale, ha una temperatura costante di 12°C., che corrisponde alla media annuale esterna di Campo Tizzoro. Il ricambio dell’aria era garantito da un meccanismo naturale identico, anche se su scala minore, a quello che provoca il vento nella Grotta del Vento, basato sul dislivello tra l’imbocco più alto e quello più basso. L’accesso avveniva mediante 9 pozzi, profondi venti metri, ognuno dei quali era percorso da comode scalinate a doppia elica progettate in maniera da permettere un rapido accesso ed una contemporanea evacuazione a senso unico, senza che le persone potessero ostacolarsi o calpestarsi a vicenda incrociandosi su un’unica rampa. Lo stesso principio era stato adottato quattro secoli prima ad Orvieto, nel celeberrimo Pozzo di San Patrizio. Ognuno di questi pozzi era protetto da una cupola ogivale in cemento armato foggiata in modo da deviare (nei limiti del possibile) le bombe. Ogni cupola, che ospitava i quadri elettrici del settore di pertinenza, in previsione di un eventuale attacco chimico o batteriologico era stata dotata di speciali filtri per l’aria in entrata e di una piccola camera di decontaminazione.
L’immenso labirinto sottostante ospitava un piccolo ospedale sotterraneo (con letti a castello), un’infermeria, ed anche una piccola chiesa nella quale viene tuttora celebrata la messa in occasione di particolari ricorrenze. Per non creare imbarazzo tra i rifugiati, i servizi igienici, dislocati un po’ ovunque e molto numerosi, erano separati per uomini e donne.
Oggi è possibile compiere una emozionante visita turistica all’interno di questo complesso fantascientifico che nonostante sia stato realizzato ottant’anni fa, stupisce ancora per la sua modernità, richiamando alla mente sia i film di 007 che i romanzi di Jules Verne.
L’escursione ai rifugi antiaerei comprende anche la visita del museo della S.M.I. nel quale è possibile prendere visione di tecnologie metallurgiche estremamente complesse che, con procedimenti di imbutitura e successiva rettifica, trasformano un disco di ottone o di rame in un bossolo avente tolleranze dell’ordine di qualche centesimo di millimetro. Uno dei pezzi forti è una complessa macchina per il caricamento delle cartucce che, nata nel 1911 per il calibro 6,5×52 del fucile Carcano mod. “91”, ha continuato a lavorare fin quasi ai nostri giorni per calibri ben più moderni, quali il 7,62×51 NATO (308 Winchester), tuttora in uso nei fucili per tiratori scelti, ed il 5,56×45 NATO (223 Remington), che equipaggia la quasi totalità dei fucili d’assalto occidentali. Furono largamente prodotte dalla SMI anche le cartucce cal. 12,7 (50 BMG), che alimentano le mitiche mitragliatrici Browning, ancora largamente usate dagli eserciti di mezzo mondo nonostante siano state ideate nel lontano 1933.
Numerosi gli spaccati di cartucce complete ed i bossoli di ogni tipo, compresi quelli enormi dei cannoni navali da 305 mm. e quello del gigantesco cannone ferroviario col quale fu bombardata Parigi nel 1918 da una distanza di oltre 100 chilometri. Nella sala dove avvenivano gli incontri di lavoro tra i vertici dello stabilimento e le autorità militari si possono inoltre ammirare alcuni fucili austriaci, italiani e tedeschi risalenti all’inizio del ‘900.
Questa gita, facilmente abbinabile alla visita della Grotta del Vento per la relativa vicinanza dei due siti, è un’insolita full immersion in un aspetto della storia troppo spesso trascurato: nel bene e nel male, il frastuono delle armi ha sempre scandito e condizionato l’evoluzione del progresso umano. Se da un lato le armi possono essere facilmente associate a un concetto di morte e di oppressione, non dobbiamo dimenticare l’insostituibile funzione dissuasiva e difensiva che esse rivestono nel fronteggiare la criminalità e il terrorismo, oltre che nel garantire l’indipendenza e l’autodeterminazione dei popoli.
Il rifugio antiaereo e il museo distano dalla Grotta del Vento una sessantina di chilometri. Per raggiungerli dalla grotta si scende a Gallicano, si supera Bagni di Lucca e si segue la Strada Statale dell’Abetone e del Brennero fino a La Lima, dove si devia per San Marcello Pistoiese. Otto chilometri più avanti, a Campo Tizzoro (PT), in Viale Luigi Orlando 325 si apre il complesso museale della S:M.I. Il parcheggio interno è gratuito. Lo stesso abbigliamento consigliato per la Grotta del Vento va bene anche per il microclima del rifugio.
Per ulteriori informazioni telefonare al n° 0573/65724 – E mail: rifugismi@irsap.it